Ci
piace lasciarci affascinare dai percorsi non lineari, da storie rimaste in
sordina, storie di quasi
emarginati, persone speciali che non hanno chiesto, fin tanto che sono
rimaste in vita, una legittimazione di esistenza dall'esterno. Ma che comunque
sono estremamente umane. Ci piace avvicinarci a chi resta in silenzio per tanto
tempo, come se non avesse nulla da dire, ma che
lascia inesorabilmente dietro di sé la storia del proprio rapporto con la
realtà e con la solitudine.
Ci
siamo avvicinati alla storia di Vivian Maier, scoprendo finalmente una maniera
felice di vivere la solitudine, di restare marginali, seppure la storia oggi ci
abbia dimostrato quanto fosse geniale e speciale questa donna. Ci siamo tuffati
nei suoi occhi, che fin tanto che hanno avuto la forza di farlo si sono gettati
addosso al mondo e l'hanno catturato.
Vivian
Maier è stata una bambinaia per anni, ma era anche un'appassionata di
fotografia, sensibilissima alle storie quotidiane che le si affiancavano per le
strade delle città in cui ha vissuto: New York, Chicago.
Soltanto per puro caso e solo dopo la sua morte, avvenuta pochi anni fa,
qualcuno ha trovato e svelato il suo lavoro, un vero e proprio tesoro nascosto,
migliaia di rullini, molti dei quali neppure sviluppati. Oggi si riconosce un
talento senza paragoni a questa donna, che sembra esser stata capace di
anticipare quasi tutte le
tendenze della fotografia americana del ‘900.
Una fotografa solitaria, che
non ha mai cercato consensi o conferme esterne ai suoi scatti sulla
realtà. C'è venuto quasi da pensare a un Kind of blue...
libero da un famigerato Miles Davis. Un vero e proprio paradiso...
senza alcun dio che arbitri gli eventi. Se volete tuffarvi anche voi insieme a
noi in questa affascinante scoperta, cliccate qui http://www.vivianmaier.com/
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